lunedì 21 dicembre 2020

CORONA DI PANE FARCITA

Ciao a tutti!

Oggi vi proponiamo un antipasto perfetto da proporre nelle prossime giornate di festa, una CORONA DI PANE FARCITA
.
 


Potrete utilizzare la vostra corona di pane come centrotavola, ed al suo centro inserire altri salumi da gustare con i panini (ne avanzeranno circa 6) che preparerete con lo stesso impasto ma che non sono serviti per la corona.  Il ripieno che abbiamo utilizzato per la nostra corona sono due diversi tipi di salumi; ecco il perché della diversa colorazione dei semi di sesamo in modo che ognuno possa scegliere ciò che più gli piace.
 


La nostra scelta è ricaduta su un salame di fegato (chiamato Salsiccia Cicolana di fegato) ed un salame dal gusto più dolce, in modo da accontentare i gusti di tutti. I panini con il salame di fegato li ho aromatizzati con la salvia che ne esalta il sapore attenuando il gusto di sangue.
 


Entrambi i salumi sono abruzzesi e vengono prodotti da una ditta il Salumificio Sorrentino di cui abbiamo provato diversi prodotti, che ha scoperto il fotografo proprio perché cercava un salame di fegato. Li conosciamo da pochi mesi ma li apprezziamo molto non solo per la grande qualità dei prodotti ma anche per il rapporto che abbiamo instaurato con loro quasi li conoscessimo da sempre.
 


E così, ci è venuto spontaneo il volervene raccontare anche a voi, nonostante noi non siamo abituati a questo tipo di post, ma quando si incontrano realtà di questo tipo sarebbe un peccato non condividerle.

CORONA DI PANE FARCITA
INGREDIENTI: 
  • 450 g di farina 0
  • 200 g di acqua
  • 3 g lievito di birra disidratato (10 g lievito birra fresco)
  • 5 g malto
  • 30 g olio extravergine di oliva
  • 1 uovo
  • 10 g sale
  • 3 g salvia fresca
per la farcitura:
Per la copertura:
  • 1 uovo
  • semi di sesamo nero
  • semi di sesamo bianchi

PROCEDIMENTO:

Tritate la salvia.

Nella planetaria munita di gancio mettere la farina, l'uovo, il malto e il lievito. Azionate l’impastatrice ed inserite l’acqua lentamente a filo, continuate ad impastare e appena inizia ad amalgamarsi unite l’olio sempre poco alla volta e con l’ultima parte di olio mettete anche il sale. 

Aumentate la velocità ed impastate fino ad ottenere un impasto liscio ed omogeneo. Dividete l’impasto in due parti: ad una parte date forma tonda rincalzando la pasta verso il basso come per dargli delle pieghe, ponetelo a lievitare in una ciotola unta di olio coperto e al caldo; alla seconda parte unite la salvia tritata, impastate in modo da distribuirla uniformemente, date forma tonda e ponete in una ciotola unta di olio coperto a lievitare al caldo. 

Lasciate lievitare per circa 2 ore nel forno chiuso con lice accesa. Potrete iniziare a formare i panini solo quando l’impasto avrà raddoppiato il suo volume.

Rovesciate gli impasti sulla spianatoia, sgonfiateli leggermente con le mani e divideteli in piccoli pezzi da 35 g circa l’uno e pirlateli dandogli forma tonda, otterrete 10 palline con al salvia e 10 con l’impasto bianco. 

Prendete i due salumi scelti tagliate il salame di fegato a fette spesse mezzo centimetro e dividetele ancora in 4. Tagliate fette sempre spesse anche dal salame Aquila e tagliatele ognuna in tre parti. 

Riprendete ogni pallina, con le mani apritela leggermente e inserite al suo interno un pezzetto di salame abbinando il salame di fegato all’impasto aromatizzato con la salvia e il salame classico all’impasto bianco, chiudete bene e pirlate dando forma tonda ad ogni panino. Utilizzerete per la vostra corona 7 palline con la salvia e 7 senza, lasciate quindi gli altri panini non farciti in modo da servirli con altri salumi. 

Posizionate su una teglia coperta con carta forno un coppapasta tondo oliato del diametro di 7 cm, intorno ponete distanziate di qualche millimetro 7 palline con la salvia e il salame di fegato, all’esterno aggiungete le 7 palline col salame classico. Lasciate qualche millimetro di distacco tra le palline dato che poi cresceranno sia nella lievitazione che in cottura. Vi avanzeranno 6 panini (3 con la salvia e 3 bianchi) poneteli su una teglia coperta di carta forno.

Lasciate lievitare per 1 ora nel forno spento e chiuso.

Scaldate il forno a 200°C. 

Spennellate i panini con l’uovo sbattuto e cospargete la superficie con semi di sesamo neri per i panini con il fegato e con il sesamo bianco quelli col salame classico, in questo modo sarà più facile riconoscerli a tavola. 

Infornate i panini, abbassate il forno a 190°C e cuocere per 20-25 minuti circa coprite con alluminio se si colorano troppo.

Fate raffreddare prima di servire.



Buon appetito!





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giovedì 17 dicembre 2020

MICÓOULA...per il Granaio!

Ciao a tutti!

Oggi per il nostro appuntamento con la rubrica de “Il Granaio – Baking time”, vi proponiamo la MICÒOULA o MICOULA, un pane arricchito con frutta secca tipico della bassa Valle d’Aosta.
 


Vi ho raccontato già altre volte della tradizionale accensione del forno comunitario nel periodo di Natale nei paesini della Valle d’Aosta, e di come in quel forno mantenuto acceso per diverse settimana, vengano cotti una volta all’anno da tutta la comunità il PANE DOLCE e il PANE DI SEGALE NERO e di come poi quest’ultimo venga messo a seccare su particolari steccati verticali nei granai o nei sottotetti perché deve durare molto a lungo.
 


Il pane di segale nero viene preparato con farina di segale unita alla farina di grano. Nella valle di Champorcer, nel borgo di Hone, questo pane povero viene arricchito con uvetta, castagne, fichi secchi e noci ed è così che nasce la MICÒOULA o MICOULA.
 


L’origine di questo pane non si conosce con precisione, si sa solo che era un modo per rendere più ricco il solito pane di segale nei periodi di festa. Non va considerato come un pane dolce, tanto è vero che viene servito come antipasto con miele di castagno e lardo, oppure a tutto pasto con gli altri salumi tipici della valle.
 


Esiste un’associazione gli Amis de la Micòoula che da qualche anno si occupa di rivalutare questo pane, ma non solo, anche tutte le attività ad esso connesse: i campi dove vengono coltivati i cereali, i mulini dove vengono macinate le farine, i castagneti per le castagne, le zone dove vengono raccolte le noci, gli essiccatoi ed infine i forni. Riescono in questo modo a coinvolgere la comunità intera in questo ambizioso progetto che vorrebbe vedere la Micòoula inserita nei prodotti DOP della regione.

Vediamo come fare in casa questo goloso pane...

MICÒOULA
INGREDIENTI per un pane:
  • 270 g farina segale integrale
  • 130 g farina 0 di grano tenero
  • 100 g farina integrale di grano tenero
  • 5 g malto
  • 340 g acqua tiepida
  • 4 g lievito di birra disidratato
  • 10 g sale
  • 100 g castagne secche
  • 40 g uva passa
  • 25 g noci
  • 60 g fichi secchi

PROCEDIMENTO:

La sera precedente mettete in ammollo in acqua le castagne secche, coprite e lasciate così a temperatura ambiente per tutta la notte.

La mattina seguente, nella ciotola dell’impastatrice (ma potete procedere anche a mano) unite le farine, il malto e il lievito. 

Prima di iniziare ad impastare ponete in ammollo in acqua tiepida l’uva passa, lasciatela in ammollo fino all’utilizzo.

Attivate la planetaria a bassa velocità ed inserite l’acqua a filo, prima di finire di aggiungere tutta l’acqua quando l’impasto inizia a formarsi aggiungete il sale quindi finite con l’acqua. Continuate per 2 minuti a bassa velocità quindi aumentate la velocità ed impastate per 6-7 minuti. Otterrete così un impasto ben incordato. 

Trasferitelo sulla spianatoia e lasciatelo riposare (puntare) per 15-20 minuti. Quindi con le mani stendetelo formando un rettangolo e date una piega a libro. Ora date forma tondeggiante (pirlando l’impasto) e trasferitelo in una ciotola che coprirete con un canovaccio. Lasciatelo lievitare al caldo per 2 ore.

Trascorso il tempo necessario, verificate che la pasta sia lievitata. Un’antica tradizione tramandata nel tempo utilizzata in Valle d’Aosta, ma ancora utilizzata oggi, per capire se la pasta è lievitata è il metodo della fiammella, che consiste nel fare un buco nella pasta lievitata e accendere subito un fiammifero al di sopra: se si spegne la pasta è lievitata, se resta acceso occorre aspettare ancora un po’. Vi confesso che non ho mai provato questo metodo, ma era curioso conoscerlo!!! ☺

Scolate l’uvetta e asciugatela su un canovaccio; fate lo stesso con le castagne in ammollo dalla sera precedente eliminando eventuali residui di pellicina. 

Trascorso il tempo necessario di lievitazione riprendente la pasta, stendetela con le mani in un rettangolo su cui distribuirete tutta la frutta secca: l’uvetta, le castagne scolate ed asciugate, le noci spezzettate e i fichi tagliati a pezzetti. Richiudete partendo dai bordi il rettangolo su se stesso in modo da distribuire gli ingredienti in tutto il pane reimpastando leggermente.

Date forma tonda al vostro pane, trasferitelo su una teglia con carta forno, coprite con pellicola e un canovaccio e lasciate lievitare al caldo per il tempo necessario a raddoppiare (circa 2 ore e mezza/ 3 ore).

La tradizione vorrebbe questo pane cotto in un forno a legna, per ovviare a questa mancanza ho cotto il mio pane sulla pietra refrattaria.

Scaldate la pietra refrattaria nel forno ponendola in alto vicino alla resistenza e portate il forno a 200°C.

Quindi raggiunta la temperatura necessaria, trasferite la pietra refrattaria al centro del forno. Quindi infornate il vostro pane con una pala direttamente sulla pietra refrattaria se la utilizzate, altrimenti infornate con la teglia su cui ha lievitato. 

Abbassate la temperatura del forno a 180°C, fate cuocere il vostro pane a 180°C per 40-45 minuti. Alla fine lasciatelo nel forno spento con lo sportello leggermente aperto per 10 minuti.

Per capire se i pani sono cotti, battete il fondo con le nocche: se emettono un suono cupo e pieno, allora la cottura è quella giusta; dopo questa prova, lasciate riposare il pane su un tagliere di legno, fino al raffreddamento, per garantire che l’umidità ancora all’interno della pagnotta sparisca.


NOTA:

È importante ribadire che questo non è un pane dolce, infatti viene salato ed è usato come accompagnamento durante i pasti in cui è poi anche servito come come base per gli antipasti, insieme al lardo e al miele di castagno, alla tipica mocetta valdostana, oppure ai formaggi erborinati.



Buon appetito!



Ed infine ecco il paniere completo di questo appuntamento:



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giovedì 10 dicembre 2020

CIMA GENOVESE IMPANATA E FRITTA...per Al km 0!

Ciao a tutti!

Oggi prepariamo insieme la cima genovese impanata e fritta (çimma frita), per il nostro appuntamento mensile con la rubrica de “Al km 0” che ha per tema “il Natale a tavola”.
  


La cima alla genovese, una tasca di vitello ripiena di uova, formaggio, verdure e carne di vitello, creata cucendo su tre lati il pezzo di carne, è certamente il piatto genovese che più amo, decisamente il mio preferito fin da bambina.
 


È la regina dei piatti genovesi e protagonista delle nostre tavole delle feste. In realtà si dovrebbe proporre a Pasqua ma la mia nonna materna sapeva della mia preferenza e così contravveniva alla regola e la preparava anche a Natale come del resto ha continuato a fare anche la mia mamma, mentre la mia nonna paterna più severa e ligia alle regole, non ha mai voluto cedere e quando gliela chiedevo “in tempi sbagliati” (la sua versione era quella che preferivo) mi rispondeva sempre che dovevo aspettare Pasqua!!

Io in realtà sarei più integralista come la nonna Sunti (la nonna paterna) ma poi con la scusa dei post per il blog oppure che piace tanto ai bambini (per non dire a me), mi contraddico e la preparo più volte l’anno.
 


Amo molto anche il brodo di cima, un brodo molto delicato e leggero quindi non fascio mai la cima in un canovaccio o in una rete come fanno alcuni, e devo dire che, seguendo poche semplici regole, sarà per la fortuna o che cosa non so, fino ad ora non si è mai rotta.

Tradizione vuole che nel brodo di cima ci si cuociano i Natalini in brodo (qui vi lascio la versione di casa nostra), chiamati anche Maccheroni genovesi di Natale sono una pasta tipica delle nostre zone e anche tipica del periodo di Natale infatti solo in questo periodo vengono venduti.
 


La ricetta della cima impanata e fritta è una non ricetta, è più un modo alternativo per consumare la cima, spesso viene proposto nei ristoranti insieme al fritto misto, quindi vi lascio anche la ricetta della cima genovese ma mi raccomando, leggete anche il post originale ricco di consigli.

Vediamo insieme come fare...


CIMA GENOVESE IMPANATA E FRITTA
INGREDIENTI:
  • fette di cima spesse 0,5 cm
  • pangrattato q.b.
  • uova q.b.
  • sale

per friggere:
  • ½ l olio di semi di arachide

PROCEDIMENTO:

Non amo la cima troppo spessa per impanarla, quindi la taglio a fette di circa 0,5 cm. 
 

Preparate in una ciotola l’uovo, sbattetelo leggermente con una forchetta quindi salatelo. Non vi ho dato le quantità precise perché molto dipende da quanta cima vorrete impanare e friggere, io ne ho fatte 4 fette ed un uovo è stato più che sufficiente.

In un pentolino profondo e stretto (il mio conteneva precisamente una fetta di cima alla volta) mettere l’olio. Scaldarlo quindi friggete per pochi minuti le fette di cima, una alla volta, ricordate che è necessario solo il tempo per “colorare” l’impanatura perché il resto è già cotto.

Scolate ogni fetta e trasferitela su un piatto con carta assorbente in modo che l’olio in eccesso venga assorbito. 

Servite caldo accompagnato da un bel piatto si insalata.


Ed ora la ricetta della cima di casa mia:


CIMA ALLA GENOVESE di casa nostra
INGREDIENTI per 6 persone:

  • 1 pancia di vitello da 6 uova (la mia aveva dimensione di circa 30x25 cm per darvi un’idea), si usa la striscia di pelle della pancia che ricopre le ossette (a Genova si chiama così la costata). Nella foto qui sotto: la pelle che ricopre il taglio n°14.
schema tratto dal sito Pino il macellaio


per il ripieno:

  • 6 uova medie
  • 150 g polpa di vitello
  • 60 g piselli
  • 40 g formaggio reggiano
  • 1 carota
  • 1 cucchiaio di pinoli
  • 1 spicchio aglio
  • olio extravergine di oliva
  • maggiorana (attenzione a non abbondare)
  • noce moscata q.b.
  • sale q.b.
per il brodo:
  • 1 carota
  • 1 cipolla
  • 1 pezzetto di sedano
  • sale q.b.

PROCEDIMENTO:

Per prima cosa dovrete cucire la vostra cima su tre lati lasciando una piccola apertura nella quale poi farete scivolare il ripieno. Fate attenzione a cucire la cima molto bene, vi garantirete che non fuoriesca il ripieno durante la cottura. Ultimato il lavoro di cucitura, riempitela di acqua per testare il vostro lavoro. Se non ne uscirà neppure una goccia, avrete fatto un buon lavoro altrimenti dovrete ripassare le cuciture nei punti più deboli. Tenete da parte.
 

Sbollentate ora per pochi minuti i piselli e la carota tagliata a pezzettini piccoli (mia nonna nella sua cima aggiungeva anche due foglie di biete e due foglie di scarole affettate molto sottili). Tenete da parte.

Tagliate la polpa di vitello a cubetti. Rosolate in padella con poco olio lo spicchio d’aglio sbucciato ed intero, aggiungete i cubotti di vitello e fateli rosolare per bene a fuoco vivace. Non cuocete completamente la carne, dovranno rimanere morbidi.

In una ciotola rompete 5 uova (tenetene da parte una da aggiungere intera al ripieno), aggiungete il formaggio grattugiato, poca maggiorana (attenzione a dosarla bene, non deve essere abbondante per non “uccidere” gli altri gusti), i pinoli. Sbattete bene con una forchetta, ora aggiungete la carne e le verdure prima sbollentate. Aggiustate di sale.

Siete pronti per riempire la vostra cima. Facendovi aiutare da qualcuno oppure inserendo la cima in un contenitore alto e stretto riempitela fino a metà, non di più. Nel ripieno aggiungete anche l’uovo intero che avevate lasciato da parte.

 

Finite di cucire la vostra cima. Ora siamo pronti per cuocerla.

In una capace pentola aggiungete l’acqua, una cipolla a tocchetti, una carota, un pezzetto di sedano e la vostra cima (tutto a freddo). Portate a bollore, abbassate la fiamma e fate cuocere per almeno 1 ora e mezza. Importante appena la cima si gonfierà con un sottile ago (che vedete nella foto qui in alto) fate dei piccoli buchi nella sua carne, questo eviterà la rottura permettendo ai vapori che si creano di fuoriuscire. Portate a cottura ed aggiustate di sale.

Una volta cotta, lasciatela intiepidire nel brodo, quindi ponetela tra due piatti e schiacciatela con l’aiuto di un peso da noi si dice "in caregoia" (noi di solito usiamo il mortaio) fino al completo raffreddamento. Questo garantirà la forma tipica della cima e farà uscire l’eventuale brodo contenuto all’interno.


Si serve a fette non troppo spesse fredda accompagnata da abbondante insalata o anche la salsa verde.


Note:

  • Per tradizione nella cima sono presenti anche cervella, filoni e animelle. Volendo preparare una ricetta più fedele alla tradizione potete procedere in questo modo:
   Per una cima da 6 uova, tra gli ingredienti aggiungete: 
  •          1/3 cervella
  •          100 g filoni e animelle
  •          una noce di burro
  •          1/2 cipolla piccola
   Spellate cervella e filoni e tagliateli a pezzetti piccoli. Fate lo 
   stesso con le animelle che prima avrete scottato in acqua bollente.     In una padella con una noce di burro fate rosolare la cipolla tritata     fine, aggiungete le carni e rosolate bene. Tenete da parte. Al             momento di preparare il ripieno aggiungete co gli altri ingredienti e     proseguite con la ricetta.

  • Alcuni dopo aver preparato la cima, la fasciano in un telo bianco non trattato e la legano, poi cuociono la cima in acqua salata. In questo modo evitano la possibilità di eventuali rotture, perdendo però la bontà del brodo. Sinceramente non l'ho mai fatto. Seguendo le semplici regole che vi ho scritto vedrete che la vostra cima non avrà alcun problema!
  • Con il brodo che vi avanzerà in tempo di Pasqua potrete preparare le lattughe ripiene (leitughe pinn-e). Un primo piatto se servite in brodo con cui aprire il pranzo di Pasqua, oppure un secondo se cotte al forno o in un tegame.



Buon appetito!


Scopriamo ora insieme tutte le proposte de Al km 0 per il tema “il Natale a tavola”:



  • Cena qui da noi: Cima genovese impanata e fritta




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giovedì 3 dicembre 2020

PANDOLCE BASSO GENOVESE ALL'OLIO...per Il Granaio!

Ciao a tutti!

Oggi per il nostro appuntamento con la rubrica de “Il Granaio – Baking time”, vi proponiamo il PANDOLCE GENOVESE BASSO ALL’OLIO EXTRAVERGINE D’OLIVA
 


Il profumo che si diffonde dal forno mentre cuoce il pandolce mi immerge nell’atmosfera natalizia. Fin da bambina questo era il segnale di inizio di questo periodo, il pandolce di mia nonna che colava sul calorifero durante la lievitazione poi era il secondo segnale!
 
La nonna Milia aveva un carattere invidiabile, nulla la turbava, trovava sempre il positivo in ogni cosa e anche quando il pandolce cercava la fuga, lei si faceva una risata, nonostante il nonno non gliela facesse passare.
Quanti anni sono passati e quante cose sono cambiate, sarebbe stato bellissimo che i miei nonni avessero conosciuto i miei bimbi, li avrebbero adorati.
 


Come vi ho raccontato ormai mille volte, il pandolce esiste in due versioni ALTO fatto con lievito madre o lievito di birra e BASSO, più semplice e più recente rispetto al primo. Quello basso altro non è che una frolla aromatizzata col marsala ed arricchita con uvetta, canditi e pinoli, non richiede lievitazione ma dopo una veloce lavorazione va diretto in forno.
 


Essendo una frolla è ricco di burro, ingrediente col quale parte della famiglia Fotocibiamo fa decisamente a pugni, così ho fatto vari tentativi per riuscire a sostituire il burro con l’olio extravergine ma al tempo stesso ottenere quasi la stessa friabilità.

Il risultato di oggi è quello che più mi soddisfa, oltre ad aver sostituito il burro con l’olio, ho sostituito parte della farina con la semola di grano duro e questo ha contribuito a dare un po’ di quella friabilità tipica delle frolle al burro. A casa è piaciuto molto, quindi lascio la ricetta anche a voi qui.


Vediamo come fare...



PANDOLCE GENOVESE BASSO ALL’OLIO


INGREDIENTI:
   - 300 g farina per frolle (*)
   - 100 g semola rimacinata di grano duro
   - 120 g zucchero semolato
   - un pizzico di sale
   - 10 g lievito per dolci
   - 60 ml marsala (volendo potete dividere questa quantità tra marsala e acqua di fiori d’arancio)
   - 200 g uvetta
   - 50 g pinoli
   - 10 g semi di finocchio
   - 100 g olio extravergine di oliva
   - 2 uova


PROCEDIMENTO:


Ponete in ammollo l’uvetta in acqua tiepida.


In una ciotola ponete la farina, la semola, lo zucchero, il sale e il lievito e mescolate con un cucchiaio.


Aggiungete ora tutti gli aromi: marsala (o marsala + acqua fiori di arancio, se preferite), l’uvetta scolata ed asciugata su un canovaccio, i pinoli e i semi di finocchio. Mescolate ancora con un cucchiaio.


Ora in un boccale alto mettete le uova con l’olio e con una frusta (io ne ho usata una a mano) montate leggermente fino da ottenere una maionese lenta.


Versate la vostra “maionese” sul resto degli ingredienti e mescolate il tutto prima con un cucchiaio, poi aiutandovi con le mani. Non dovrete impastarlo molto solo il necessario per tenerlo insieme.


Trasferite il vostro impasto sulla spianatoia e date al vostro pandolce una forma tondeggiante ma schiacciata, trasferitelo su una teglia coperta con carta forno, segnate sulla superficie il classico triangolo con un coltello.


Infornate in forno statico già caldo a 150°C per 50-55 minuti.
Una volta cotto ponetelo a raffreddare su una base di legno in modo che si raffreddi lentamente.
Nota: (*) Molto importante utilizzare una farina debole, cioè una farina per frolle o torte, per ottenere la friabilità perfetta. 





Buon appetito!



Ed infine ecco il paniere completo di questo appuntamento:


  • Qui da noi: Pandolce basso genovese all’olio




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martedì 1 dicembre 2020

MUFFOLETTA...per Alla mensa coi Santi!

Ciao a tutti!
 
Eccoci al nostro appuntamento con la rubrica, “Alla mensa coi Santi”. Oggi prepareremo insieme le MUFFOLETTE, morbidi panini siciliani che vengono preparati sia in occasione della festa dei Morti a novembre sia a dicembre in occasione della festa dell’Immacolata.




Questo mese vi proporremo un menù ridotto composto da un secondo, un pane e un dolce. Troverete qui da noi il pane con le Muffolette. Da Miria troverete i Rostin negàa, un secondo a base di carne di vitello tipico del milanese e preparato in occasione di Sant’Ambrogio. Infine da Simona sempre dedicati a Sant’Ambrogio troverete i Biscotti Ambrosiani


Le Muffolette (o Muffuletta o Moffoletta), una ricetta tipica siciliana, sono dei morbidi panini rotondi di semola di grano duro, aromatizzati a seconda della zona con semi di anice, o di finocchio, o di cumino, o ancora di sesamo ed hanno origini antichissime. Anche il ripieno con cui vengono mangiati varia moltissimo a seconda della ricorrenza in cui vengono preparati ma anche a seconda del posto in cui ci si trova.
 


In occasione della ricorrenza dell’Immacolata Concezione, più precisamente la sera della vigilia, questo panino si mangia attorno alle “vamparotte”, dei grandi falò preparati nei vari rioni delle città o dei paesi.
 


Come dicevamo prima, questo panino varia a seconda della zona e del paese in cui viene consumato: a Palermo è farcito con milza di bovino e si prepara in occasione della festa dei morti; a Lercara Friddi, provincia di Palermo, si condisce con ricotta, caciocavallo e sugna (strutto) e si prepara in occasione della festa dell’Immacolata Concezione; nella Valle del Belice si prepara per San Martino e si condisce con olio extravergine d’oliva, sarde salate, origano, caciocavallo e pepe.

Fonti: Gazzetta del gusto e Cronaca social

Il protagonista è sempre un panino tondo molto morbido, che viene di volta in volta arricchito con i prodotti della zona, noi lo abbiamo provato con olio extravergine di oliva, acciughe salate, pepe e origano. Semplice ma davvero molto gustoso...


MUFFOLETTE
Ricetta tratta dal blog Cucina facile con Elena.
INGREDIENTI:

  • 500 g semola rimacinata di grano duro
  • 300 g acqua
  • 25 g olio extravergine di oliva
  • 20 g semi di anice (io non li ho messi)
  • 15 g miele (io ho messo 5 g malto)
  • 10 g sale
  • 2 g lievito di birra disidratato
per lo spolvero:
  • semola rimacinata di grano duro
per farcire:
  • olio extravergine di oliva
  • acciughe salate
  • origano q.b.
  • pepe q.b.

PROCEDIMENTO:

Nella ciotola dell’impastatrice inserite: la semola, il malto e il lievito. Iniziate ad impastare ed inserite poco alla volta l’acqua. Impastate per 2-3 minuti.
Aggiungete ora poco alla volta l’olio e il sale (e i semi di anice se li avete messi). Impastate ancora per 5-6 minuti. Otterrete un impasto morbido ed omogeneo, trasferitelo sulla spianatoia date forma a palla quindi lasciatelo lievitare per 3 ore in una ciotola coperta al caldo (coprite la ciotola con un canovaccio quindi chiudetela nel forno spento).
Riprendete l’impasto lievitato e dividetelo in 7 parti di circa 125 g ciascuna. Date forma tondeggiante a ciascun pezzetto quindi passatele nella semola di grano duro. Trasferitele distanziate su una teglia coperta di carta forno e lasciatele lievitare coperte e sempre nel forno spento per un’altra ora (anche 1 ora e mezza).

Cuocete in forno già caldo a 220°C per 15-20 minuti fino a che diventino dorate, non cuocetele troppo a lungo in modo che rimangano morbide. 

Fate raffreddare quindi condite come preferite, noi abbiamo provato il ripieno con olio extravergine, acciughe, origano e pepe.




Buon appetito!



Con la rubrica “Alla mensa coi Santi” ci rivedremo il primo di gennaio del prossimo anno.


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